Sarà aperta al pubblico fino al prossimo 9 settembre, presso le sale del piano nobile del Castello medioevale di Rocca d’Evandro sede del MaRƎ (Museo d’arte Rocca d’Evandro), la mostra MARIO RACITI. Opere 1970-2025, inaugurata lo scorso 28 giugno, in occasione del Solstizio d’estate.
Curata da Massimo Bignardi la mostra propone un percorso espositivo tracciato da opere – dipinti su tela, pastelli e alcuni disegni – che l’artista ha realizzati in questi ultimi due decenni, unitamente a due tele degli anni settanta: è un percorso che tiene insieme alcuni momenti significativi dell’esperienza artistica di Raciti.
La manifestazione voluta dal Comune di Rocca d’Evandro in collaborazione con i partner culturali il Museo-Fondo Regionale d’Arte Contemporanea (FRaC Baronissi), la Fondazione Rossi di Nova Milanese, l’Associazione Flangini, l’Associazione Culturale Ars-Ubivitae e con il sostegno della CIACCIO ARTE Broker Insurance Group si iscrive nell’ambito della rassegna “STAGIONI”, con la quale è stata inaugurata l’attività espositiva del MaRƎ: un progetto museale ideato e realizzato da Massimo Bignardi, già professore di Storia dell’Arte contemporanea presso l’Università di Siena e l’artista Franco Marrocco, direttore dell’Accademia di Belle Arti di Brera-Milano. È un progetto che mira ad intercettare sia l’attenzione verso le specificità del territorio, ossia le tradizioni popolari, la gastronomia, i riti e la monumentale bellezza della Rocca avvolta dal fascino del medioevo, di cui, a distanza di pochi chilometri, ne è somma testimonianza l’Abazia di Montecassino, sia dei linguaggi di età moderna e della nostra contemporaneità conservati nella Reggia di Caserta, la Versailles italiana. “Il MaRƎ – afferma il sindaco la dott.ssa Emilia Delli Colli – a sei mesi dalla sua apertura al pubblico, sta già dando i suoi frutti. Le adesioni di artisti, le prime donazioni che stanno pervenendo, il dialogo avviato con l’Università di Cassino e del Lazio Meridionale e con le Accademie di Belle Arti, l’attenzione della stampa, sono segnali confortanti. Abbiamo creduto in questa nuova realtà, nelle sue potenzialità di offrire nuove prospettive alla nostra comunità: innanzitutto guardare all’arte come incipit di una realtà che si cala nel presente, nelle dinamiche del nostro tempo, senza rinunziare alla propria identità sociale e culturale”.
“In un aforisma scritto anni fa, Mario Raciti esplicita con chiarezza il suo punto di vista: «Pittura, semplicemente. Per tutti coloro che non abbisognano d’altro». È un pensiero lineare – scrive Bignardi nel testo di presentazione –, asciutto che non lascia terreno alla memoria, anzi si fa esplicita dichiarazione di un’attesa, un’epifania. In fondo è il tempo nel quale dal bianco, che acceca a primo impatto il nostro sguardo, affiorano lentamente le tracce di quel mondo dell’irrealtà che l’artista affida alla visione, all’intimo rapporto che ha instaurato con la pittura: una scelta . Un quadro, scriveva Proust a proposito dei dipinti di Gustave Moreau, «è una specie di apparizione d’un cantuccio d’un mondo misterioso, di cui conosciamo alcuni altri frammenti, che sono i quadri dello stesso artista». Una definizione che calza perfettamente alla pittura di Raciti, che non ha mai mancato di farsi, come già evidenziato, espressione della sua identità esistenziale, offrendoci motivi di riflessione che toccano le profonde corde dell’anima. Traspare un frammento, direi più che altro la traccia di un’esistenza, forme impalpabili, reperti lasciati liberi di fluire nell’intensità del bianco che dilaga sulla superficie, originando minimi scarti sostenuti da parvenze di ombre. Sono forme colorate, sbiadite che sembrano pastelli gessosi: non accennano a volumi, anzi scivolano repentine per non cedere alla raffigurazione, caricando, invece, di movimento la superficie. Movimento che palesa un transito, un accadere, avvertito dall’artista quale profondo desiderio di attualizzare l’idea di avvenire, che chiama «una speranza»”.