Ka’tu, ovvero il saluto del popolo Awà-Guajá, è il titolo scelto da Pietro Ruffolo per la sua mostra fotografica che sarà inaugurata al MAVI di Lacedonia (Av) domenica 6 luglio alle 18:00. Nato a Roma e residente a Cortona, fotografo non professionista con una passione per la fotografia di reportage sociale, Ruffolo ha viaggiato per il mondo ed ha visitato più volte, nel corso di cinque anni, il Brasile del nord-est e in particolare lo stato del Maranhão. Qui è entrato in contatto con il popolo di due villaggi indigeni Awà, portando a casa immagini di dignità e resilienza.
Esponendo il suo lavoro di reportage il MAVI rinnova ed estende a contesti lontani e di grande interesse antropologico, così come nella primavera-estate dell’anno scorso con la mostra dell’artista nigeriana Etinosa Yvonne, l’indagine visuale sulle culture contemporanee.
«Gli Awà-Guajá – spiega Pietro Ruffolo – sono uno degli ultimi gruppi di cacciatori-raccoglitori del nord-est del Brasile e risiedono presso il bacino del Gurupi. Il termine “Awà” significa nella loro lingua “persona” o “uomo”. Dopo la scoperta di un giacimento di ferro da parte di una spedizione di geologi statunitensi, avvenuta per puro caso alla fine degli anni Sessanta, gli Awà soffrono da decenni l’impatto devastante sull’ambiente e sulle tribù indigene causato dalle attività estrattive di quella che sarebbe diventata la più grande miniera di ferro a cielo aperto del pianeta, un giacimento da 7,2 miliardi di tonnellate».
Il governo brasiliano, nel periodo delle dittature militari (1964-1985), ha avviato il progetto di sfruttamento intensivo Gran Carajás, con l’estrazione dei minerali e la costruzione di una ferrovia che collega le miniere delle Serre dò Carajás al porto di São Luís, capitale del Maranhão: «il territorio viene sfregiato dai binari, dalle ruspe, gli alberi vengono abbattuti, i fiumi sono contaminati. Il popolo Awà, che abita da sempre in una riserva amazzonica nel poverissimo Maranhão, viene ritenuto né più né meno che un elemento di disturbo. Decine di indigeni vengono avvelenati, altri vengono uccisi a colpi di arma da fuoco»: con queste parole l’autore fa propria la denuncia di Survival International, scegliendo di documentare con le immagini la vitale tenacia degli indigeni.
Solo a seguito della campagna di Survival per la protezione degli Awà e la demarcazione delle loro terre, avviata nel 2012, le autorità federali sono state spinte con successo, nel 2014, a espellere i coloni illegali da quest’area, anche grazie al grande contributo delle splendide opere fotografiche di Sebastião Salgado che hanno ritratto gli Awà. Ma nonostante le loro terre siano oggi demarcate e protette, esse subiscono ancora la devastante attività illegale di taglialegna e allevatori che continuano a causare la decimazione della popolazione e una massiccia deforestazione.
L’evento di inaugurazione della mostra KA’TU – la resilienza degli indigeni del nord-est del Brasile, a cui parteciperà l’autore Pietro Ruffolo, sarà introdotta dal Sindaco di Lacedonia Antonio Di Conza. Seguirà un rinfresco.
Il MAVI-Museo Antropologico Visivo Irpino si trova nel centro di Lacedonia, in Via Tribuni 61, di fronte allo storico Istituto Magistrale fondato da Francesco De Sanctis.