Si può fare. Di fronte a una sfida apparentemente impossibile, oggi vi troverete a guardare con occhi altrettanto increduli l’iniziativa che vede protagonisti gli specialisti dell’Università Federico II di Napoli. Per far fronte al rallentamento degli screening per l’epatite C causato dalla pandemia e delle conseguenti prese in carico terapeutiche, parte un’iniziativa per portare diagnosi e terapia direttamente nelle carceri, nei SerD (Servizi per le Dipendenze patologiche) e sul territorio (ambulatori medici di medicina generale) facendo così ripartire la campagna di eliminazione dell’epatite C nel nostro Paese, patologia oggi curabile grazie alle terapie disponibili. È questo l’obiettivo del programma ‘ibrido’ della Gastroenterologia della Federico II di Napoli che utilizzerà la propria piattaforma di telemedicina, attivata in piena pandemia, per collegarsi ai medici presenti nei SerD, negli istituti penitenziari e negli ambulatori territoriali di medicina generale creando un ponte che consentirà monitoraggio e supporto per l’erogazione dei test diagnostici e l’avvio al trattamento terapeutico. Il progetto vedrà la luce grazie al finanziamento vinto all’edizione 2021 del Fellowship Program, Bando di concorso promosso in Italia dalla società biofarmaceutica Gilead Sciences per selezionare e premiare i migliori progetti in ambito infettivologico e oncoematologico proposti da Enti di ricerca e cura del Paese. La pandemia da Covid-19 ha cristallizzato o fortemente rallentato l’attività di quasi tutti i settori della medicina. Uno di questi è il programma di eliminazione dell’infezione da HCV nel quale il nostro Paese si è fortemente impegnato negli ultimi anni, con eccellenti risultati. Tuttavia, secondo i dati AIFA, solo 15 mila nuovi pazienti hanno avuto accesso alla terapia antivirale nel 2020 e quasi tutti nei primissimi mesi dell’anno, prima dello scoppio della pandemia. Ma nel nostro Paese si stima che ad oggi vi siano ancora 280 mila persone con infezione da HCV non ancora diagnosticate (tra queste 146 mila tossicodipendenti e oltre 35 mila detenuti) che è fondamentale individuare e avviare tempestivamente alle terapie. L’avvio al percorso terapeutico da solo però non basta. E’ fondamentale garantire anche il linkageto-care per coloro che hanno contratto l’epatite C, ovvero garantire che possano proseguire l’intero ciclo di terapie fino alla guarigione. Stante il persistere della pandemia da SARS CoV-2 e l’impossibilità di potersi recare direttamente in ospedale per l’assunzione della terapia, è importante elaborare percorsi alternativi e modelli organizzativi innovativi di gestione delle cure, decentralizzati sul territorio, grazie anche all’ausilio di strumenti di telemedicina e teleconsulto. Il modello presentato dalla gastroenterologia della Federico II di Napoli può risultare estremamente efficace da questo punto di vista, prevedendo, dopo un’adeguata valutazione e stadiazione clinica del paziente, il suo trattamento direttamente nei point of care (istituti penitenziari, SerD e ambulatori medici di medicina generale presenti sul territorio) con il supporto a distanza degli specialisti dell’ateneo partenopeo. “Il nostro progetto – commentano il professor Gerardo Nardone, Professore Ordinario di Gastroenterologia, Direttore UOC Gastroenterologia ed Epatologia AOU Federico II di Napoli e la dott. ssa Alba Rocco coautrice del progetto- prevede il potenziamento della piattaforma di telemedicina, attivata durante la pandemia, per consentirne l’accesso ai sanitari individuati presso i point of care (carceri, SerD e ambulatori medici di medicina generale), così da stabilire una comunicazione diretta con gli specialisti gastroenterologi dell’Università Federico II per il monitoraggio del percorso terapeutico. I dati anagrafici e clinici di ogni paziente registrati in una scheda di raccolta dati, disegnata e gestita da una società di ricerche nel rispetto della privacy per essere poi utilizzati per analisi statistiche”. Fellowship Program 2021 Il Fellowship Program è arrivato quest’anno alla sua 10a edizione. Con questo Bando vengono selezionati e premiati i migliori progetti proposti di natura scientifica e socio-sanitaria proposti da Enti di ricerca e cura italiani che, secondo il giudizio di una Commissione giudicatrice indipendente, dimostrino di migliorare gli esiti della malattia o la qualità di vita del paziente o a favorire il raggiungimento di obiettivi di salute pubblica nell’area della malattie infettive, delle Patologie del fegato e dell’oncoematologia. Sei i criteri con cui vengono valutati i progetti: 1. Razionale scientifico del progetto, 2. Originalità e rilevanza del tema oggetto del progetto, 3. Fattibilità del progetto, 4. Presumibili ricadute positive nella cura dei pazienti, 5. Rapporto costo/beneficio del progetto, 6. Valenza sociale del progetto. Per saperne di più: www.itfellowshipprogram.it Gilead Sciences Gilead Sciences è una società biofarmaceutica californiana che da oltre trent’anni ricerca e sviluppa farmaci innovativi per contribuire alla salute del mondo. L’azienda è impegnata sul fronte del progresso in medicina per la prevenzione e il trattamento di patologie come HIV/AIDS, malattie epatiche, ematologia e oncologia. Gilead ha sede a Milano dall’anno 2000 e collabora con i partner istituzionali, scientifici, accademici, industriali e le comunità locali per ricercare, sviluppare e rendere disponibili le terapie anche per i pazienti italiani.