A colloquio con la scrittrice Lucia Vincenti, autrice di “Vento di Sicilia”

Incontriamo la scrittrice palermitana Lucia Vincenti, autrice del romanzo storico “Vento di Sicilia” (Marlin Editore), avvincente storia d’amore e di passione politica nella Palermo del “Ventennio nero”, dalla marcia su Roma alle leggi razziali, alla guerra ed alla caduta del fascismo.
 
Come è nata la sua passione per la storia ed in particolare per quella del “Ventennio nero” e della Seconda Guerra Mondiale?
L’interesse per la storia, in particolare per quella relativa all’era contemporanea legata al periodo fascista, è stato sempre presente in me, sin dai tempi del liceo. È cresciuto col tempo, divenendo passione, e mi ha condotta ad approfondire le ricerche. Inizialmente mi dedicai agli studi relativi alla persecuzione ebraica in terra siciliana. All’epoca non esistevano libri sull’argomento ed il mio “Storia degli ebrei a Palermo durante il fascismo” del 1998 è stato il primo lavoro. Dopo quello sono seguiti altri miei studi e pubblicazioni sull’argomento e tra gli ultimi “Donne ebree in Sicilia al tempo della Shoah” (Marlin 2013).
 
Dopo tanti saggi storici è approdata al romanzo. Come mai ha deciso di utilizzare la forma narrativa con “Vento di Sicilia”?
Ho sempre pensato che un romanzo sia molto più vicino alla gente di un saggio, di qualunque natura esso sia. Si possono raccontare vicende, fatti, storie in modo più scorrevole e far conoscere la storia in modo diverso, raggiungendo strati più ampi di lettori e di addetti ai lavori. Ma al di là di questo, la passione che spinge uno scrittore a mettere su carta le proprie emozioni, va al di là di qualunque spiegazione. È un’emozione che ti prende e si fa più coinvolgente nel tempo.
 
I personaggi e le vicende che descrive nel suo libro fanno riferimento a persone e fatti reali?
Personaggi e fatti narrati in “Vento di Sicilia” sono realmente avvenuti e fanno riferimento a persone reali. In alcuni casi ho cambiato i nomi, in altri sono rimasti invariati.
 
Ancora una volta al centro dei suoi scritti ci sono le donne. Sta cercando di colmare un vuoto riscattando la loro memoria?
Più che voglia di riscatto, direi che è un omaggio alla donna. Madre, amante, figlia, studiosa, casalinga, lavoratrice, popolana o aristocratica. La donna con le sue emozioni, le sue passioni, il suo coraggio, la sua vita. Una donna qualunque, che si può incontrare per strada, al supermercato o ad un convegno di studi. Una donna qualunque… come me.
 
Bellissima la Palermo che emerge dalle pagine del romanzo. Un amore ricambiato?
La Sicilia si può amare o odiare, ma in ogni caso non lascia mai indifferenti. I suoi colori, i suoi profumi, la sua cultura, ogni elemento è parte fondamentale del nostro essere. Non potrei dire se Palermo mi ami quanto la amo io, ma a giudicare dall’affetto dei lettori, direi di sì!