La Compagnia di Teatro di Luca De Filippo torna ad Avellino senza il suo capocomico, scomparso lo scorso novembre, per una serata all’insegna delle grandi emozioni, con una delle opera più brillanti del teatro di Eduardo e le musiche del premio Oscar Nicola Piovani.
Sabato 9 (ore 21) e in replica domenica 10 gennaio (ore 18) il Teatro “Carlo Gesualdo” di Avellino apre le porte alla grande commedia napoletana di Eduardo De Filippo con “Non ti pago” per la regia del compianto Luca, terzo appuntamento con la rassegna “ReD – Risate e Divertimento” organizzata in collaborazione con il Teatro Pubblico Campano.
Le vicende dei coniugi Ferdinando Quagliuolo, portato sul palco del “Gesualdo” da Gianfelice Imparato e Concetta, interpretata da Carolina Rosi, moglie di Luca De Filippo che torna in scena dopo il lutto proprio da Avellino, saranno al centro della drammaturgia di “Non ti pago”, scritta da Eduardo nel 1940.
Continuando il lavoro di approfondimento sulla drammaturgia di Eduardo, la Compagnia di Teatro di Luca De Filippo propone una delle commedie tra le più conosciute del repertorio eduardiano che lo stesso grande drammaturgo napoletano ha definito “una commedia molto comica che secondo me è la più tragica che io abbia mai scritto”.
“Non ti pago” parla di sogni, vincite al lotto, superstizioni e credenze popolari di un’umanità dolente e sfaccendata, che nella cruda realtà quotidiana fatta di paure, angosce e miseria non rinuncia però alla speranza, all’illusione, all’ingenua attesa di un colpo di fortuna che determini un futuro migliore.
Il protagonista, Ferdinando Quagliuolo, interpretato da Gianfelice Imparato che sostituisce proprio Luca De Filippo, è personaggio ambiguo e surreale, che vive tra sogno e realtà. Gestore di un botteghino del lotto a Napoli è un accanito giocatore eccezionalmente sfortunato.
Al contrario un suo impiegato Mario Bertolini, portato in scena da Massimo De Matteo, suo futuro genero, interpretando i sogni, colleziona vincite su vincite e addirittura un giorno gli capita di vincere una ricca quaterna di quattro milioni delle vecchie lire datagli in sogno proprio dal defunto padre del suo datore di lavoro.
Accecato da una feroce invidia Don Ferdinando si rifiuta di pagargli la vincita e rivendica il diritto di incassare la somma per se, sostenendo che lo spirito di suo padre avrebbe commesso un involontario scambio di persona.