L’Associazione “Irpinia Mia” rappresenterà i prodotti della Baronia all’evento Leguminosa di Napoli

TREVICO – L’Associazione Irpinia Mia (Trevico AV) è stata invitata a partecipare alla manifestazione Leguminosa che si terrà a Napoli da venerdì 7 a domenica 9 marzo, nell’elegante  Galleria Umberto I e in alcuni spazi del Palazzo Reale. La manifestazione, organizzata da Slow Food Campania, è una festa interamente dedicata ai legumi, una volta considerati la carne dei poveri.
L’Associazione Irpinia Mia sarà presente, con i giovani Walter e Monica Giovanniello, Federico ed Elio Archidiacono, Noemi Perlingieri, Maria Teresa Lavanga e Francesco Addesa, per rappresentare il territorio ed i prodotti della Baronia.
Nata nel 2008 su iniziativa di Mariangela Cioria (presidente) e Patrizia Pizzulo (vice presidente), l’Associazione ha lo scopo di alorizzare e promuovere la cultura, la storia, le tradizioni, le peculiarità socio-culturali e gastronomiche locali, riferite in specie al territorio del Comune di Trevico (AV) e, più in generale della Baronia e dell’Irpinia.
Attualmente la Baronia comprende i comuni di Trevico, Vallesaccarda, Scampitella, Vallata, Carife, Castel Baronia, S. Nicola Baronia, S. Sossio Baronia e Flumeri, e costituisce un unico rilievo montuoso, delimitato da tre corsi d’acqua in un grande triangolo avente per base l’Ufita e l’omonima valle che corre da Vallata (sud-est) a Flumeri (sud-ovest), e per lati la Fiumarella (da ovest, nord-ovest, nord) ed il Calaggio ad est che si ricongiungono a nord verso Scampitella. Il territorio è prevalentemente collinare e passa dai 45m. di altitudine della bassa valle dell’Ufita ai 1094 m. di Trevico che domina i paesaggi di tutta la valle.

Questi territori erano poveri, la carne era rara, tutte le famiglie ammazzavano il maiale che forniva provviste per tutto l’anno. Cereali e legumi erano un’ottima fonte di sostentamento per sfamare le famiglie numerose con piatti abbondanti e nutrienti. Ancora oggi gli anziani raccontano che con poche centinaia di grammi di fagioli secchi, cotti nelle pignatte di terracotta, vicino al fuoco, si riusciva a raddoppiare la quantità di legumi per sfamare l’intera famiglia.
Oggi le coltivazioni sono molto ridotte. I giovani non amano coltivare la terra e solo alcuni anziani che ancora hanno la passione per il gusto di mangiare sano e genuino continuano a coltivare i legumi secondo antiche tradizioni. Antonio Archidiacono ci racconta che coltiva i “fasul’ paisan’” in una località della contrada Lungarella dove il terreno è molto fertile e non ha bisogno di essere concimato.
Mentre lì dove non è abbastanza fertile viene concimato prevalentemente con letame. Alcuni di loro, come Antonietta Pizzulo, “’Ndunetta Libbirtiell’” e “Vituccella la zuarra”, hanno volentieri offerto i loro semi per esporli alla manifestazione di Napoli.
I fagioli vengono piantati a maggio e raccolti ad agosto. Si mettono al sole ad essiccare per due o tre giorni e poi si battono con una pala di legno e si setacciano per liberarli dalle impurità.
 
Nello stesso periodo si raccolgono anche i lupini. La Salvia Giuseppe, detto “Pepp’ r’ Michel’ Antoni’ Fucon’” racconta di aver coltivato i lupini per diversi anni. Quando arrivano a maturazione bisogna stare attenti a non far scoppiare i baccelli. Una volta i lupini venivano venduti dagli agricoltori della Baronia davanti alle scuole e davanti al cinema di Vallata e di Castel Baronia.
Nella zona si coltivano anche i ceci detti “vizzarul’” (piccoli) e quelli detti “mulugnis’” (grandi) ed hanno bisogno di una terra più paludosa, nonché le cicerchie che, secondo un detto di Carmela la “paglionca” (”Acqua a la patana e fuoch’ a la chichierchia”) devono cuocere a fuoco vivace per molto tempo.
Saggezza popolare:  “uoss’ viecchij ‘ngrassa la pignata”, (l’osso vecchio ingrassa la pignatta).