A Piano di Sorrento gli studenti incontrano Samuel Modiano, testimone sopravvissuto all’olocausto deportato all’età di 13 anni. “B7456. Mai più”

PIANO DI SORRENTO – Si è svolto stamane, 5 marzo 2014, a Piano di Sorrento, il commuovente incontro degli studenti con Samuel Modiano, reduce dall’Olocausto, deportato, insieme alla sua «grande famiglia ebraica» come ama definirla, all’età di 13 anni. All’evento hanno partecipato il Sindaco di Piano di Sorrento Giovanni Ruggiero, gli studenti delle III medie dell’Istituto comprensivo di Piano di Sorrento, il Dirigente scolastico Maria Rosaria Sagliocco e la rappresentante del Consiglio d’Istituto Antonella Arnese, una rappresentanza dell’Istituto Nautico “Nino Bixio” e il Dirigente scolastico Giuseppina Ferriello, una rappresentanza dell’Istituto comprensivo “A. Gemelli” di San’Agnello e una classe del Liceo classico “P. V. Marone” di Meta. «Ho voluto fortemente che questo incontro avvenisse a scuola – spiega la Dott.ssa Maria Rosaria Sagliocco – perché fosse completamente dedicato alle nuove generazioni affinché conoscano una pagina di storia di cui non si può perdere memoria. Credo sia stata una giornata indimenticabile per tutti e si è percepito dalla commozione comune sia agli studenti che agli adulti, dai professori agli spettatori. Spero vivamente che i ragazzi raccolgano i messaggi lanciati da Samuel Modiano, in particolare spero sentano quanto siano fortunati ad avere una famiglia che li sostiene. Sui biglietti autografati – continua il Dirigente scolastico – il Sig. Modiano ha scritto il numero del campo di concentramento che ha tatuato sulla pelle e una dedica: “B7456. Mai più”. E qui è racchiuso tutto il senso di questo toccante incontro con gli studenti». Il Sindaco di Piano di Sorrento Giovanni Ruggiero aggiunge: «Siamo stati testimoni di una presenza straordinaria sia perché ormai sono pochi i sopravvissuti all’Olocausto ancora in vita, sia perché nelle parole di Samuel Modiano non c’è solo la tragedia dell’esperienza umana ma un ottimismo inatteso. E sono contento che i nostri figli abbiano avuto modo di ascoltare la sua storia per non dimenticare ciò che è stato, per imparare a cambiare ciò che abbiamo e a trovare sempre, e a volte nonostante tutto, la forza di sorridere». L’incontro si è svolto nel plesso “M. Massa” di Trinità, a Piano di Sorrento. «Nel 2005 ho rotto il silenzio e ho iniziato a raccontare la mia esperienza – ha raccontato Samuel Modiano – Quando ho capito di essere sopravvissuto, pensate che io sia stato felice? No, ho provato un grande dolore, mi sentivo un privilegiato e non smettevo di chiedermi continuamente “Perché? Perché io?”. Mi hanno distrutto per tanti anni questi interrogativi, poi ho trovato una risposta: siete voi, ragazzi, siete voi la mia risposta! Ho una missione, devo raccontare la mia esperienza e io ho una grandissima fiducia in voi perché quello che hanno visto i miei occhi non lo debba vedere più nessuno, né voi né i vostri figli». È questo lo spirito che accompagna il lungo e accorato racconto, dall’infanzia al momento della liberazione, una storia che oggi con la maturità dei suoi 85 anni, Samuel Modiano rivive ancora con immutato turbamento, descrivendo le crude immagini di morte, disperazione, mancanza di dignità, crudeltà ma anche di amore e solidarietà che hanno accompagnato il suo «soggiorno – così lo chiama – nel campo di concentramento». Nato a Rodi, all’epoca provincia italiana, nel 1930, Sami Modiano, iniziò a sentir parlare e subì le leggi razziali tra i banchi di scuola, nel 1938, quando un professore gli annunciò in terza elementare che non avrebbe potuto continuare il suo percorso di studi. «Non concepivo le leggi razziali, non accettavo la definizione di “razza ebraica” perché non mi ero mai sentito diverso dai miei compagni. Quando tornai a casa mio padre mi disse che un giorno, quando sarei diventato grande, avrei capito. Io oggi ho 85 anni e ancora non riesco a capire, ancora non mi sento diverso. Voi, ragazzi, vedete differenza tra me e voi? Eppure ci misero in disparte…». Fu deportato insieme all’amato padre Giacobbe e all’adorata sorella Lucia il 23 luglio 1943 e trasportato insieme alla sua famiglia ebraica, di cui si salvarono solo 33 uomini e 120 donne, al campo di sterminio di Birkenau, poi nel gennaio 1945 ad Auschwitz poco prima dell’arrivo dei russi: «Ero un ragazzino, come voi. Sono vivo perché ho trovato sulla mia strada delle persone che mi hanno aiutato e perché ho cercato di non dimenticare le parole che mio padre mi ha detto prima di morire: “Tieni duro, Sami, tu ce la devi fare”. Quando hanno riportato in vita quello che rimaneva di me, avevo appena 14 anni ed ero solo al mondo. Fate tesoro di ciò che avete».