Tre film sotto le stelle, nella piazza dell’ex Eliseo

Tre film sotto le stelle nella Piazza dell’ ex Eliseo che si terrà ad Avellino, Via Roma ore 21 ecco gli appuntamenti:
Venerdì 17 agosto: TUTTI I NOSTRI DESIDERI di Philippe Lioret
Sabato 18 agosto: LA-BAS. EDUCAZIONE CRIMINALE di Guido Lombardi
Domenica 19 agosto: THIS IS ENGLAND di Shane Meadows

Ingresso libero
http://www.facebook.com/pages/Laceno-doro/134908806568057?ref=hl#!/events/333999636693605/
Scheda del film –
È il luglio 1983. Shaun (Thomas Turgoose), dodici anni, ha perso il padre nella guerra delle Falkland e vive con la madre. A scuola è vittima del bullismo ed è considerato da tutti un perdente, ma, un po’ per caso, riesce a legarsi a un gruppo di ragazzi più grandi di lui, una banda di skinhead capeggiati dal carismatico Woody (Joseph Gilgun). Insieme ai nuovi compagni, Shaun sembra rinascere, scopre i primi amori, trova una figura maschile di riferimento. Ma quando torna nel gruppo il temibile Combo (Stephen Graham), fanatico razzista, Shaun si trova di fronte a un bivio: seguire il nuovo leader o rimanere al fianco del più pacifico Woody. Ed è proprio il lutto da cui non riesce a liberarsi, la morte del padre in guerra, che convince il ragazzo a prestar fede alla retorica nazionalista e rabbiosa di Combo. Ma la sua scelta avrà conseguenze drammatiche devastanti.
 
Con This is England, a trentaquattro anni, Shane Meadows realizza il suo film più denso e lacerante, nonostante l’apparente svagatezza dei toni iniziali. Un racconto di formazione che, da un lato, ambisce a rappresentare lo spaccato di un’epoca grigia della storia inglese recente, tra le tensioni sociali esplosive della politica di ferro della Tatcher e gli ultimi colpi di coda di un imperialismo fuori tempo massimo, ma che, d’altro canto, racconta anche l’inquietudine di oggi, la crisi e il disagio contemporanei, la violenza molto più che strisciante dei conflitti razziali.
In un colpo solo e fuori da ogni paradosso, Meadows sembra riuscire ciò che aveva mancato nel precedente C’era una volta in Inghilterra: raccontare, con un afflato al tempo stesso intimista ed epico, il rapporto del singolo col gruppo, l’immedesimazione, più o meno critica, dell’individuo con l’idea (e la storia) della nazione.  Ed esprime, al meglio, la chiave emotiva, la vera vocazione del suo cinema, quel saper guardare a personaggi ‘normalissimi’ e fregati dalla vita con una partecipazione totale e un amore incondizionato. Una vocazione che in parte attinge, è vero, al cinema ‘realista’ (senza re) di Loach e Leigh. Ma che per stile, toni, simboli, umori, sembra rispondere ancor più a una questione anagrafica, a un dato generazionale. Meadows, classe 1972, è figlio più che legittimo dell’era punk dei Sex Pistols e dei Clash. E il suo cinema non può che essere il racconto di quest’Anarchy in the UK, sguardo compreso, stretto tra l’amore e la rabbia, la passione e la disillusione, la fede e la disperazione. Quella croce di San Giorgio che si perde nell’acque agitate del mare è il punto di arrivo di un duplice percorso: quello di un piccolo personaggio che scorge lo spettro della verità dietro i fantasmi della retorica e quello di un regista che dal Free Cinema arriva dritto alla profondità dello sguardo di Stephen Frears, sguardo capace di aprire le maglie del reale attraverso ogni trama e ogni genere.
(Aldo Spiniello)
 
 
 
 
 
 
 
17.08.2012
TUTTI  I  NOSTRI  DESIDERI
di Philippe Lioret

La giovane Claire (Marie Gillain) è  magistrato a Lione. Un giorno, in tribunale, riconosce la madre di una compagna di scuola di sua figlia che ha grossi problemi di indebitamento. Decide di darle una mano e perciò si rivolge a Stéphane (Vincent Lindon), collega più anziano con un passato d’impegno e lotte civili. Inizia così una guerra contro le storture del credito al consumo mentre tra Claire e Stéphane nasce una forte complicità: non solo nel lavoro o nelle idee di giustizia, ma soprattutto nel modo di vivere e coltivare ogni sentimento.
Liberamente ispirato al romanzo Vite che non sono la mia di Emmanuel Carrère (pubblicato in Italia da Einaudi).
 
 
Gli altri come li vediamo? E come percepiamo quelli che abbiamo accanto? E noi stessi, quanto sentiamo realmente quello che abbiamo dentro, quello che il nostro corpo davvero vorrebbe ma noi costantemente gli rifiutiamo, per mille imperscrutabili ragioni o razionalizzazioni? E come catturare quegli attimi per portarseli via per sempre? Cosa sono quelle cose sottili, quasi scie invisibili che improvvisamente ci legano a qualcuno, anche se prima era un perfetto sconosciuto? E quello che costruiamo giorno per giorno, a chi appartiene? Possiamo veramente imparare ad immaginare un “mondo senza di noi”?
Queste e altre mille domande sfrecciano dal cuore palpitante di un film che lascia scorrere la vita, eppure non la lascia andare. Perché possiamo sempre decidere che cosa farne, anche di quei pochi attimi che ci separano dal non esserci (più).  Per questo Claire non può accettare il terribile responso del male incurabile che l’ha colpita, o almeno non può accettare quelle che sono le procedure sociali della “morte dolce”, chiusa per settimane o mesi in un letto di ospedale a massacrarsi di raggi e chimica, solo per rallentare di poco un processo inevitabile. Ma lei non può, non vuole. Nel suo ruolo di magistrato, mamma, moglie e, anche, amica della madre della figlia caduta in disgrazia con i creditori, non può mollare. E tiene il male tutto per sé, continuando a combattere giornalmente per una giustizia meno asettica e impermeabile alla “condizione umana”.
Toutes nous envies è un film sulla natura dei nostri desideri, sui luoghi imprevisti e meravigliosi dove, a volte, essi si nascondono. E di come degli eventi straordinari, a volte, riescono a ricollocarli nella nostra vita, fuori dalle maledizioni e dall’autolesionismo in cui spesso, gli umani, si rinchiudono. Cosa conta di più nella vita, infine? I sogni? Lottare per qualcosa in cui si crede? O godersi lo spettacolo di una partita di rugby o magari un bel bagno nell’acqua ghiacciata di un piccolo lago? Tutto. E anche quel cane promesso ai tuoi figli, e quella mano pudica e complice che ti stringe, un “quasi sconosciuto” con il quale ti dai ancore del “lei”, sul tuo letto d’ospedale. Siamo fatti di sguardi, di sogni, contatti, desideri. Nessuna di queste benedette cose implica il possederle. Le cose che più contano, alla fine, non si hanno, si vivono. Come le persone. E lo sguardo dolce e ambiguo di Loiret ci regala l’ennesimo piccolo, piccolissimo capolavoro di un regista che, ormai ci è chiaro, riesce a illuminare col cuore ogni storia. E come sempre, solo nelle storie di morte possiamo vedere, davvero, l’amore…
(Federico Chiacchiari, Sentieri selvaggi)
 
18.08.2012
LA-BÀS
di Guido Lombardi
 
Yssouf (Kader Alassane) giunge in Italia inseguendo il sogno prospettatogli dallo zio Moses (Moussa Mone), che nelle sue lettere descriveva il benessere raggiunto nel Belpaese. Ma la verità è che Moses ha fatto i soldi con la droga, spacciando per conto del casalesi. Mentre Yssouf si ritrova nell’inferno della campagna casertana, tra sfruttamento della prostituzione, minacce di morte continue e spedizioni punitive. Da artista, si sforza di vedere la poesia dove c’è la disperazione, con taccuino e matita sempre pronti a ritrarre ora “il gangster”, ora “il sogno”, ora “la puttana”, come Suad, africana incontrata per caso al supermercato, che di notte si prostituisce sulla Domiziana. Sarà lei la sua ossessione, il suo triste punto di rottura, ciò che spezza i suoi sogni riportandolo in quella realtà tutta campana di miseria e criminalità.
C’è un filo invisibile che collega Là-bas di Guido Lombardi a Pummarò di Michele Placido. Un filo che si è dissolto nel tempo per poi ricondensarsi quella notte del 18 settembre del 2008, quando un commando di killer della camorra uccise sei immigrati africani in una sartoria a Castelvolturno. L’impatto emotivo che ebbe allora l’opera prima di Placido da regista, dove si narravano le vicende del giovane ghanese raccoglitore di pomodori (Kwaku, un laureato), fu significativo, ma nel tempo è rimasto un qualcosa di fine a se stesso, come se il fenomeno del caporalato tra gli immigrati africani fosse esistito soltanto in quella pellicola.
Guido Lombardi, che per anni ha seguito la vita degli africani a Napoli, ha tratto ispirazione dalla sua esperienza personale per un asciutto collage di situazioni che si riallacciano alla quotidianità di quella porzione di immigrati che hanno voluto spezzare le proprie catene affidandosi a una pistola e a una busta di polvere bianca. Per farlo, decide di affidarsi ad un’ambientazione e una fotografia del tutto esenti da qualsiasi tentativo di indorare la pillola, romanzando lo stretto necessario. In fondo al torbido barile di questa storia infame, il massacro dei sei immigrati nella sartoria “Ob ob Exotic fashions”, trucidati dagli scissionisti senza alcuna pietà: poveracci che si trovavano al money transfer di fianco a spedire soldi alle famiglie, tutti estranei alle attività illecite dei connazionali, eppure vittime di ciò da cui si sono tenuti lontani. A loro è dedicato questo film. Parafrasando Germain, uno dei protagonisti del film, in Italia non c’è niente, forse neanche la speranza.
(Pietro Sannino, www.effettonotteonline.com)