PILLOLE DEL LUNEDI RUBRICA A CURA DI Angela Ruggiero www.gazzettadellirpinia.it

C’è una chiara evidenza scientifica di un legame fra la regolare attività fisica ed una significativa riduzione del rischio cardiovascolare. Uno stile di vita sedentario è considerato uno dei più importanti fattori di rischio per lo sviluppo delle malattie cardiovascolari. Il training fisico è uno dei principali strumenti operativi della Riabilitazione Cardiologica, dopo l’insorgenza di un evento cardiaco.

Diventa quindi fondamentale inserire la regolare attività fisica nelle abitudini legate ad uno stile di vita sano, mirato al miglioramento dello stato di salute psico-fisica.

Nei Paesi sviluppati l’inattività provoca danni alla salute quasi quanto il fumo: la sedentarietà è, infatti, il secondo fattore di rischio per la salute dopo il tabacco; al contrario, una modica attività fisica produce un benessere sia fisico che mentale, riducendo di circa il 50% i rischi di patologie legati all’inattività (malattie cardiovascolari, diabete negli adulti, obesità) e determinando un calo sostanziale del rischio di ipertensione, osteoporosi e delle conseguenze psicologiche della vita sedentaria (stress, ansietà, depressione e senso di solitudine).

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la situazione nei Paesi europei non è soddisfacente: nonostante molti tragitti siano abbastanza brevi da poter essere percorsi a piedi (sotto i due km) ed in bicicletta (sotto gli 8 Km), in media solo il 5% di tutte le distanze è coperto in questa maniera. Ne deriva che oltre il 30% degli adulti non è sufficientemente attivo nel corso di una settimana tipo; questo contribuisce per esempio ad un aumento dell’obesità, che dalla fine degli anni Ottanta alla fine degli anni Novanta è cresciuta di una percentuale che va dal 10% al 40% nei diversi Paesi europei.

Anche in Italia, la percentuale di persone che praticano uno sport o regolare attività fisica si riduce sensibilmente oltre i 20 anni di età, stabilizzandosi al di sotto del 30%.

É opportuno far precedere l’analisi del rapporto fra attività fisica e prevenzione cardiovascolare da alcune definizioni. Per attività fisica si intende ogni tipo di movimento prodotto da contrazione dei muscoli scheletrici, con un conseguente consumo di energia. L’attività fisica può essere svolta in ambito lavorativo, durante il tempo libero, in base al proprio interesse (sport, attività ricreazionale, training fisico formalizzato).

Il training fisico è la parte dell’attività fisica che viene svolta nel tempo libero con le caratteristiche di essere programmata, strutturata e ripetitiva, allo scopo di mantenere o migliorare le proprie condizioni fisiche.

Per fitness si intende l’abilità a svolgere le proprie attività quotidiane con energia, senza avvertire fatica ed essendo in grado di far fronte senza problemi a richieste energetiche impreviste. Il concetto di fitness incorpora aspetti diversi, quali ad esempio forza e potenza muscolare, flessibilità, agilità, tempo di reazione. La parola fitness può essere orientata alla prestazione sportiva o più semplicemente alla riduzione del rischio cardio- vascolare e al miglioramento della qualità di vita. Infine, il volume dell’attività fisica corrisponde al consumo energetico totale derivante dall’attività fisica stessa ed è dato dal prodotto dell’intensità dello sforzo fisico, della sua durata e della sua frequenza.

Tra gli obiettivi centrali della riabilitazione dopo un evento cardiaco (infarto, by-pass coronarico, angioplastica, etc.), vi sono l’eliminazione degli effetti negativi del decondizionamento fisico, la ripresa delle attività importanti per la qualità della vita del soggetto, la prevenzione della prematura disabilità. Un programma di esercizio fisico, attraverso il miglioramento della capacità funzionale che può produrre, rappresenta una delle modalità terapeutiche centrali nella strategia riabilitativa. Questo aspetto terapeutico va integrato con le altre componenti della riabilitazione cardiologica: l’assistenza clinica, la valutazione del rischio e una corretta impostazione terapeutica; l’educazione sanitaria specifica rivolta alla correzione dei fattori di rischio ed al miglioramento della capacità di convivenza/autogestione della cardiopatia nella fase cronica; la valutazione psico-sociale ed occupazionale con interventi specifici; il follow-up clinico-strumentale individualizzato ed il supporto per il mantenimento di un adeguato stile di vita ed un’efficace prevenzione secondaria.

L’esercizio fisico è una componente fondamentale della riabilitazione cardiologica.

Un’attività fisica programmata, adeguata, aerobica e prudentemente somministrata è consigliabile una volta superata l’emergenza ischemica, o in genere l’instabilità clinica, e dovrà essere proseguita possibilmente per tutta la vita. L’obiettivo del training fisico in pazienti con documentata cardiopatia ischemica è in primo luogo quello di migliorare la capacità funzionale, lo stato psico-sociale e possibilmente aumentare la sopravvivenza a lungo termine. Molti studi su pazienti cardiopatici con diverso profilo di rischio hanno dimostrato l’efficacia di adeguati programmi di training fisico sugli

obiettivi a breve termine (incremento della tolleranza allo sforzo e controllo dei sintomi). Recentemente un’analisi su 8840 pazienti coronaropatici (con pregresso infarto miocardio, intervento di bypass coronarico, angioplastica coronaria o angina pectoris), ha anche confermato una riduzione, fino al 35% della mortalità per coronaropatia nei soggetti sottoposti a training fisico, in un periodo di osservazione medio di 2 anni e mezzo. I meccanismi biologici potenzialmente benefici che portano ad un miglioramento della sopravvivenza, grazie ad una regolare attività fisica aerobica sono molteplici. Il training fisico porta ad una migliore utilizzazione dell’ossigeno da parte del tessuto muscolare, per ricavare energia per il lavoro. Inoltre studi sperimentali hanno dimostrato un aumento del calibro delle arterie coronarie e la formazione di nuovi capillari ed arteriole a livello miocardico. Sono stati anche dimostrate positive modificazioni a livello della coagulazione del sangue (che risultano in un effetto antitrombotico) ed a livello del sistema nervoso autonomo (con un ridotto rischio di aritmie).

Va sottolineato che la regolare attività fisica ha effetti positivi su molti fattori di rischio cardiovascolare: riduzione dei valori di pressione arteriosa, aumento del colesterolo HDL ( buono ), riduzione del sovrappeso, riduzione del rischio di sviluppare un diabete non insulino-dipendente.

Infine, vari studi hanno dimostrato che i benefici effetti dell’esercizio fisico regolare, diminuiscono entro 2 settimane se l’attività fisica è significativamente ridotta e scompaiono entro 2-8 mesi se l’attività fisica non è ripresa. E’ quindi molto importante che l’esercizio fisico venga praticato con regolarità e costanza.

Negli ultimi anni sono state elaborate Linee Guida Internazionali per uniformare e razionalizzare i consigli per svolgere un programma di attività fisica efficace (per raggiungere gli obbiettivi di prevenzione delle malattie cardiovascolari) e sicura. Nella prescrizione dell’esercizio va fatta una distinzione fra popolazione apparentemente sana e pazienti affetti da cardiopatia nota.

Nella popolazione apparentemente sana, i consigli su una regolare attività fisica si inquadrano nell’ambito della prevenzione primaria, ovvero rivolti alle persone affinchè riducano il rischio di ammalare (obiettivo: una riduzione della mortalità per tutte le cause e cardiovascolare del 20-30%).

In questo ambito c’è un generale accordo su alcuni punti:

Durata almeno di 30-45 minuti a regime, in un’unica sessione o con periodi separati di 8-10 min.

Frequenza 4-5 volte alla settimana (meglio ogni giorno).

Intensità lieve-moderata (es 4-7 Kcal/min per persone di mezza età), tale da indurre una Frequenza Cardiaca pari al 50-70% rispetto a quella massima teorica per l’età (220-età).

Induzione di un consumo calorico di circa 1000 kcal/settimana.

Incremento graduale dell’intensità e della durata.

(LINEE GUIDA Europee 2003 e Americane 2001 sulla Prevenzione delle Malattie Cardiovascolari)

Nell’ambito della prevenzione secondaria, cioè in pazienti affetti da cardiopatia nota (es. con pregresso infarto miocardico, bypass coronarico, angioplastica coronarica, angina pectoris), la prescrizione dell’esercizio deve essere fatta dal cardiologo.

Vanno tenute in considerazione le caratteristiche cliniche del paziente e della stratificazione del rischio che emerge dalla valutazione clinica e strumentale (ecocardiogramma, test da sforzo, monitoraggio ECG Dinamico, eventuale completamento con esame coronarografico). Questa valutazione viene eseguita abitualmente nell’ambito dei programmi di riabilitazione cardiologica.

Nei pazienti a basso rischio (la maggioranza della popolazione di pazienti affetti da coronaropatia) la prescrizione dell’esercizio può essere fatta con gli stessi criteri e modalità utilizzata per i soggetti apparentemente sani. L’intensità dello sforzo deve essere graduata in rapporto quello di migliorare la capacità funzionale, lo stato psico-sociale e possibilmente aumentare la sopravvivenza a lungo termine. Molti studi su pazienti cardiopatici con diverso profili di rischio hanno dimostrato l’efficacia di adeguati programmi di training fisico sugli obiettivi a breve termine (incremento della tolleranza allo sforzo e controllo dei sintomi).

Angela Ruggiero ,

laureata in Scienze Motorie, Esperto in A.F.A,

studentessa in attività motoria Preventiva e Adattata;

Presidente Irpinia Art Music Academy

Vocal Coach, Mental Coach,

Esperto in Musicoterapia, Comunicazione,

Master Practitioner PNL, Life Coach Professionista,

Coach Giusto perso per Sempre. Socio UsAcli