L’Africa Chiama: il racconto di Ghydes, volontaria de L’Africa Chiama e tecnico di laboratorio biomedico in Italia durante l’emergenza Covid-19

Ho conosciuto L’Africa Chiama nell’Aprile 2019, una sera d’estate parlando del più e del meno con delle amiche. Spinta dalla voglia che avevo di conoscere e farmi affascinare chiamai l’associazione e feci l’iscrizione al corso di formazione che si sarebbe tenuto a Fano in Aprile 2019. Quei tre giorni sono stati indimenticabili: tre giorni nei quali ho conosciuto persone con età, cultura, dialetto, professione diversi ma con una spinta comune, quella spinta che ci permette tutt’ora di sentirci costantemente vicini, dopo tanto tempo, in maniera così naturale.
Durante una delle cene con il gruppo dei corsisti mi è capitato di sedermi di fianco ad un volontario, tra lo scambio di una fetta di pane e due risate mi chiese cosa vedessi per mio futuro, io risposi: “Ho bisogno di cercare il mio posto nel mondo”, lui mi stupì rispondendo: “Magari è qui, adesso, ora, il tuo posto nel mondo, no?” Confesso che in quel momento non capii bene il significato di quello che mi voleva dire, ma la frase mi restò impressa.
L’ 11 marzo 2020 L’OMS dichiara il coronavirus pandemia e nel giro di poco tempo mi ritrovo a lavorare tra migliaia di campioni covid-19 potenzialmente positivi. Ricordo ancora la sensazione nel maneggiare quel materiale, mi sentivo insicura, spaventata, avevo paura di commettere un piccolo errore che avrebbe creato un grande danno. Avevo paura di mettere a rischio la mia salute e quella dei miei colleghi. Insieme abbiamo iniziato un cammino verso l’ignoto, come poi è il viaggio della vita di ognuno di noi. L’iper-vigilanza, cambiamenti continui nella gestione del lavoro, stress, paura, agitazione, rimproveri, collaborazione, risultati e fortunatamente anche vittorie. Tutte emozioni che prendono il loro vero significato dentro noi solo una volta vissute realmente. Insieme abbiamo iniziato ed insieme abbiamo finito.
 
Ricordo qui un proverbio africano “Se vuoi andare veloce, corri da solo; se vuoi andare lontano, vai insieme a qualcuno” se fossimo stati da soli non saremmo arrivati fin qui. Dopo ogni turno ero spossata, non volevo sentir parlare più nessuno, la testa mi esplodeva, non volevo ascoltare domande alle quali non sapevo o potevo rispondere, non volevo ridere, pensavo solo a lavare, lavarmi, igienizzare, dormire e analizzare campioni. Ho vissuto quelle giornate isolata, lontana dalle persone che amavo per proteggerle il più possibile. Dover tenere la concentrazione in momenti nei quali avrei voluto lasciarmi andare era difficile. Solo una cosa mi spingeva ad andare avanti: sentire dentro me quanto amassi il mio lavoro, avere le conoscenze per poter curare, avere la capacità di agire per il bene del prossimo.
Tutte le emozioni provate in questo periodo credo siano racchiudibili in un’unica parola: umanità…nel suo senso più vero e profondo.

Il desiderio di partire come volontaria de L’Africa Chiama in Kenya, Tanzania o Zambia non è passato e la grande spinta di condividere ogni attimo con persone che vivono in una crisi e in emergenza costante.
Presto partirò per vivere l’esperienza che sogno da tempo, per quella che sarà una tappa del mio percorso e per continuare a vivere quel senso di “umanità” che posso sperimentare ovunque io mi trovi nel mondo, che sia in Italia o in Africa.
 
Ora, ripensando a quello che mi disse il volontario un anno fa, vorrei ringraziarlo di cuore delle sue parole: nel momento in cui volevo scappare lui mi ha ricordato che il mio posto nel mondo poteva essere proprio lì dove già ero e che anche svolgendo il mio lavoro in un laboratorio analisi potevo far parte dell’enorme orchestra della solidarietà umana, senza confini di razza, sesso o religione.
Perché, ricordiamoci, apparteniamo tutti alla stessa specie: in natura un branco non ha bisogno di una pandemia mondiale per ricordarsi di far parte l’uno dell’altra.
Per chi come me ha vissuto questa epidemia in prima linea ora è ancora più chiaro che potremo salvarci solo se restiamo uniti e se a contagiarci sarà la solidarietà umana, quella che non conosce confini ma solo esseri umani.