Export per le imprese digitali. Opportunità o Paradosso?

È da poco partito il progetto “EasyExport”, promosso da Unioncamere, destinato alle imprese che vogliono avviare un percorso di internazionalizzazione. Focalizzandoci sulle imprese digitali più coinvolte dall’iniziativa, la missione del progetto è quella di creare degli esperti di internazionalizzazione chiamati TES (Temporary Export Specialist), i quali, dopo un periodo di formazione didattica, avranno il compito di individuare e applicazione servizi innovativi per l’export.
Nonostante si punti alla creazione di figure specializzate nel settore digital, recenti ricerche hanno rilevato che metà delle Partite Iva iscritte al Registro delle Imprese, risulta avere un pessimo rapporto con il digitale, tanto da non possedere nemmeno un sito web. Ed anche se l’e-commerce sta facendo registrare una crescita a due cifre, con indici previsionali sostenuti, tale evoluzione non rappresenta il reale tessuto italiano, in quanto i modelli presi in esame sono quelli di giganti dell’industria (Amazon, Privalia, Poste Italiane), che non sono per nulla rappresentativi delle reali condizioni di milioni di imprese italiane.
Secondo i dati presi in esame da Seometrics.it, su un campione di 7.568 aziende iscritte nel registro del Mise, solo il 49,7% ha un portale efficace in termini di Seo, i siti con una sufficiente velocità di caricamento pagine da smartphone sono poco più del 30%, mentre in termini di startup, sono meno di 100 quelle con un sito che rispetta i parametri base di indicizzazione. Molise, Trentino-Alto Adige ed Emilia-Romagna le regioni più virtuose.
In questo scenario, figure esperte come quelle del Temporary Export Manager rappresentano certamente un fattore di preparazione maggiore per affrontare le richieste di un mercato allargato al di fuori dei confini nazionali, dove individuare le aree più interessati da un punto di vista commerciale, ricercare nuovi partner, trovare clienti segmentati e potenzialmente interessati.

Senza dimenticare però, che il Digitale in Italia vive di paradossi:infatti solo l’1,7% del PIL è legato alla spesa tecnologica in Italia, pari ad un terzo dei paesi nordici dell’Europa,e la complessiva mancanza di una visione politica chiara e lungimirante per lo sviluppo del digitale che, ancora oggi, viene considerato come un asset marginale rispetto ad altri domini, rallenta e penalizza lo sviluppo di una imprenditoria 4.0.