Etichetta pomodoro, Masiello (Coldiretti): opportunità con accordi di filiera chiari

“La trasparenza in etichetta per i derivati del pomodoro riapre un’opportunità per gli agricoltori in Campania, soprattutto tra Caserta Napoli e Salerno, dove prima la produzione era notevole, poi messa in difficoltà dalle importazioni di concentrato dall’estero, in particolare dalla Cina”. Gennarino Masiello, vicepresidente nazionale di Coldiretti, lancia così la sfida all’agroindustria all’indomani della pubblicazione del decreto interministeriale con cui si introduce l’obbligo di indicazione dell’origine sulle confezioni di sughi e salse pronte.

“Nella nostra regione – sottolinea il leader della Coldiretti regionale – l’industria conserviera del pomodoro ha una fortissima presenza. L’obbligo di trasparenza, che segue obiettivi già raggiunti con olio, latte e pasta, avrà effetti positivi sul rapporto con il consumatore. Parliamo di un processo irreversibile che chiede qualità e riconoscibilità dell’origine degli alimenti. Sono certo che si può aprire una nuova fase nel rapporto tra agricoltori e agroindustria conserviera con accordi chiari e durevoli nel tempo, accordi fondati sulla capacità di prevedere i processi e sulla sostenibilità. Gli accordi di filiera agroalimentare tutta italiana sono la traiettoria concreta per il nostro territorio, con una visione olistica dello sviluppo economico. Ma c’è anche il tema della tutela di una dop come il pomodoro San Marzano, un prodotto straordinario e tra i più taroccati al mondo. Una tutela che va estesa in tutta Europa e negli accordi internazionali come il Ceta e simili. Intorno alla qualità del cibo si gioca il futuro del Paese”. Il decreto – spiega la Coldiretti – prevede che le confezioni di tutti i derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia dovranno avere obbligatoriamente indicate in etichetta le seguenti diciture:

  1. a) Paese di coltivazione del pomodoro: nome del Paese nel quale il pomodoro viene coltivato;
  2. b) Paese di trasformazione del pomodoro: nome del paese in cui il pomodoro è stato trasformato.

Se queste fasi avvengono nel territorio di più Paesi possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture: Paesi UE, Paesi NON UE, Paesi UE E NON UE.

Se tutte le operazioni avvengono nel nostro Paese si può utilizzare la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”. Per consentire lo smaltimento delle scorte – continua la Coldiretti – i prodotti che non soddisfano i requisiti previsti dal decreto, perché immessi sul mercati sul mercato o etichettati prima dell’entrata in vigore del provvedimento, possono essere commercializzati entro il termine di conservazione previsto in etichetta.

Si tratta di una attesa misura di trasparenza per produttori e consumatori dopo che dall’estero – rileva la Coldiretti – sono arrivati nel 2017 ben 170 milioni di chili di derivati di pomodoro che rappresentano circa il 25% della produzione nazionale in equivalente di pomodoro fresco. Un fiume di prodotto che per oltre 1/3 arriva dagli Stati Uniti e per oltre 1/5 dalla Cina e che – denuncia la Coldiretti – dalle navi sbarca in fusti da 200 chili di peso di concentrato da rilavorare e confezionare come italiano poiché nei contenitori al dettaglio è obbligatorio indicare solo il luogo di confezionamento, ma non quello di coltivazione del pomodoro.

I derivati del pomodoro sono il condimento più apprezzato dagli italiani che ne consumano circa 30 chili a testa all’anno a casa, al ristorante o in pizzeria secondo le stime della Coldiretti. Ad essere preferiti, sono stati nell’ordine le passate, le polpe o il pomodoro a pezzi, i pelati e i concentrati.