Inflazione, Masiello (Coldiretti Campania): prezzi su, ma briciole agli agricoltori

La spesa diventa sempre più pesante, ma i prezzi pagati ai produttori crollano. È la fotografia impietosa che arriva da un’analisi di Coldiretti sull’andamento dell’inflazione in agosto. Aumentano i prezzi per i consumi alimentari, mentre gli agricoltori combattono con tagli ingiustificati al valore delle materie prime. I prezzi del grano duro sono praticamente dimezzati (-43%), ma si registra un calo anche del 33% per l’olio extravergine di oliva, del 24% per il latte e del 18% e le uova. Dal campo alla tavola i prezzi aumentano di 5 volte per la pasta e di 15 volte per il pane con la forbice che – sottolinea la Coldiretti – si è fortemente allargata quest’anno. Nelle campagne è deflazione profonda – continua la Coldiretti – con i prezzi crollati per raccolti e per gli allevamenti. “Lo squilibrio che si genera – spiega Gennarino Masiello, presidente di Coldiretti Campania e vicepresidente nazionale – è un campanello d’allarme che dovrebbe far saltare dalla sedia tutte le Istituzioni. C’è evidentemente una distorsione nelle filiere commerciali, che vanno affrontate attrezzandosi a nuove sfide. Così come abbiamo fatto in Campania realizzando la filiera corta del grano “aureo” per la produzione di pasta Voiello. Ma c’è anche un fenomeno speculativo su cui non si può tacere. Nelle pieghe del mercato libero globale c’è chi fa il furbetto e gioca con il valore delle materie prime per speculare sui prezzi. La vicenda grano è emblematica. Se si fanno girare navi cariche di grano, senza alcuna certezza né sulla qualità né sull’età, e poi si sbarcano in piena mietitura, qualcosa non va. Ci si muove sul filo sottile grazie all’opacità delle regole. È un gioco speculativo pericoloso che abbassa la qualità del cibo che mangiamo e mette in crisi il sistema produttivo agricolo. Se gli agricoltori smettono di produrre, il territorio è allo sbando completo, ad alto rischio desertificazione e cementificazione. Le conseguenze sono intuibili: economiche, sociali e ambientali. Difendere i prodotti simbolo del Made in Italy non è protezionismo ma tutela del bene comune”.