Imprese edili in trincea, ma mancano gli investimenti

Le dinamiche complessive del comparto delle costruzioni sul territorio provinciale segnalano un’inversione di tendenza rispetto alle precedenti rilevazioni del Centro Studi Ance Salerno, che, però, stenta ancora a tradursi in effetti concreti dal punto di vista dell’occupazione e della redditività delle imprese. Si tratta di dati in linea con quanto sta accadendo in altre aree del Mezzogiorno e del resto del Paese. Il miglioramento del clima di fiducia delle imprese e delle famiglie è probabilmente riconducibile ad alcuni interventi esterni alle realtà meridionali, come il “Quantitative Easing” attivato dalla BCE di Mario Draghi, che inizia lentamente ad ampliare i margini di offerta di credito, anche se in Campania questa tendenza non appare coinvolgere il comparto delle costruzioni. In ogni caso è abbastanza evidente che il calo delle quotazioni degli immobili residenziali ha consentito un ritorno agli investimenti nel mattone, anche se dal punto di vista delle imprese i riflessi sono stati minimali. Appaiono, invece, più consistenti le ricadute derivanti dagli interventi di ristrutturazione edilizia che hanno potuto giovarsi degli sgravi fiscali: efficientamento energetico e ristrutturazione degli appartamenti sono alla base del cambio di valutazione sulle prospettive nei prossimi sei mesi espresso dai titolari delle piccole imprese (con meno di 5 milioni di euro di fatturato) intervistati dal Centro Studi di Ance Salerno. Sui bilanci delle aziende e sul recupero di liquidità – che resta evidentemente ancora in fase critica – ha influito anche l’accelerazione dei pagamenti da parte delle P.A. Ma anche in questo caso non si registra un trend uniforme e si avverte ancora l’effetto “start and go” più volte ripetuto nel corso degli ultimi mesi. Sull’aumento della fiducia degli operatori dell’edilizia influisce in maniera positiva, infine, l’attesa per la conclusione dei percorsi derivanti dai bandi di gara pubblici: l’aumento consistente del numero di queste procedure induce a pensare che si possa arrivare – prima o poi – all’apertura effettiva dei cantieri.
Sul fronte preminente delle relazioni con il circuito bancario si configurano ancora difficoltà, sebbene – probabilmente per incentivare la domanda di credito – le banche abbiano caratterizzato il proprio comportamento con atteggiamenti più friendly rispetto agli anni passati.
L’analisi degli indici previsionali
Le previsioni per il secondo semestre mostrano indici di fiducia tutti in campo positivo (seppure con valori non elevati) se si considera l’intero campione : produzione, +4,00; fatturato, +5,00; ordini e contratti, +4,00; occupazione, 0,00; costo del lavoro, +10,00; costo delle materie prime, +10,00; spese dirette di cantiere, +13,00; spese generali, +17,00. Negli ultimi due anni i percorsi dei singoli indicatori mostrano però un’evoluzione molto positiva: produzione da -37,14 (valore riferito al secondo semestre 2013) a +4,00(per il secondo semestre 2015); fatturato da -38,57 a +5,00; ordini e contratti da -45,71 a +4,00; occupazione da -37,14 a 0,00; solo per citare le grandezze direttamente riferite all’operatività delle imprese. Risultano invece in calo gli indici sull’andamento del costo delle materie prime (da +32,86 a +10,00), delle spese dirette di cantiere (da +21,43 a +13,00) e delle spese generali (da +38,57 a +17,00).Il costo del lavoro è previsto in lieve ulteriore aumento (da +4,29 a +10,00), a conferma della crescita della domanda di manodopera da parte delle imprese (come confermato dai più recenti dati Istat).
Indici previsionali per le imprese con fatturato con meno di 5 milioni di euro
Se si prendono in considerazione gli indici di fiducia delle imprese con fatturato inferiore ai 5 milioni di euro, si comprende bene l’influenza positiva sul tessuto dell’edilizia dei cosiddetti piccoli lavori riferibili, appunto, agli interventi di efficientamento energetico e di ristrutturazione del patrimonio abitativo. Mentre gli indici riferiti alle micro e piccole aziende segnano l’uscita dal quadro recessivo, gli indici inerenti le imprese con fatturato tra 5 e 20 milioni di euro sono in campo negativo, così come avvertono un brusco ridimensionamento gli indici relativi alle imprese con un fatturato che supera i 20 milioni di euro.
Per capire l’entità dell’inversione di tendenza delle piccole imprese edili (meno di 5 milioni di euro di fatturato) basta mettere a confronto gli indici previsionali dei principali indicatori nel periodo secondo semestre 2013/secondo semestre 2015: produzione -41,30/+ 8,82; fatturato -45,65/+8,82; ordini e contratti -43,48/+5,88; occupazione -36,96/0,00. Va segnalato che nel caso delle piccole imprese resta stabile la previsione di incremento del costo del lavoro (da +8,70 a +8,82), mentre si ridimensionano le previsioni sul costo delle materie prime (+36,96/+5,88), sulle spese dirette di cantiere (+30,43/+16,18) e sulle spese generali (+43,48/+19,12).
Indici previsionali per le imprese con fatturato tra 5 e 20 milioni di euro
E’ in questo segmento di aziende che, sebbene in attenuazione, si manifestano le maggiori difficoltà nell’ambito delle previsioni per il secondo semestre 2015. Le ragioni sono da individuare, molto probabilmente, nella stagnazione ancora in atto degli investimenti più consoni a tale dimensione aziendale. Va aggiunto, però, che l’aumento numerico dei bandi di gara pubblici e l’accelerazione della spesa inerente le opere finanziate con fondi UE  alimentano un clima di fiduciosa attesa per i prossimi mesi. E’ sulla base di queste considerazioni che si comprende meglio il trend dei principali indicatori evidenziati da questa tipologia di imprese. Comparando le previsioni per il secondo semestre 2013 e quelle per il secondo semestre 2015, risultano tali progressioni: produzione -47,37/-11,11; fatturato -42,11/-7,41; ordini e contratti -57,89/-3,70; occupazione -36,84/0,00. Nel periodo considerato (II 2013/II 2015) sono in aumento il costo del lavoro (da -15,79 a +14,81),il costo delle materie prime (da+15,79 a +18,52)e le spese di cantiere (da -5,26 a +7,41), sebbene tali voci siano viste in netta diminuzione rispetto al primo semestre 2015. Calano, invece, le spese generali (da+21,05 a +7,41), ma anche in questo caso in sensibile decremento rispetto al primo semestre 2015.

Indici previsionali per le imprese con fatturato oltre 20 milioni di euro
Nel caso delle aziende che superano in termini di fatturato i 20 milioni di euro, si assiste ad un dimezzamento degli indici previsionali riferiti al secondo semestre 2015 rispetto a quelli inerenti il primo semestre 2015. In questo caso è molto probabile che si sia verificato un “rallentamento” della attese positive rispetto alle accelerazioni della spesa (e dei pagamenti dei crediti verso le imprese) enfatizzate nell’ultimo trimestre 2014. Alla prova dei fatti la ripartenza degli investimenti e l’immissione di liquidità nel circuito delle grandi imprese non si sono rivelate adeguate alle aspettative. Nel confronto tra i periodi II 2013/II 2015 gli indici risultano praticamente dimezzati, sottolineando, tra l’altro, una brusca inversione di tendenza tra il I ed il II semestre del 2015: produzione e fatturato da +40 a +20; ordini e contratti da -20 a +20 (ma occorre tenere conto che nelle attese riferite al I semestre 2015 questo indicatore si attestava a +40); occupazione da-40 a 0,00. Con riferimento ai costi, le variazioni rispetto alle aspettative del secondo semestre 2013 sono le seguenti: costo del lavoro da+40 a 0,00; costo delle materie prime da+60 a +20; spese dirette di cantiere da+40 a 0,00; spese generali da+60,00 a +40,00.
Va rimarcato, però, che le previsioni per il primo semestre 2015 delle imprese con fatturato oltre i 20 milioni di euro prevedevano un incremento dell’occupazione (+40), un aumento del costo del lavoro (+20),del costo delle materie prime (+20) e delle spese dirette e generali (+20). Balza, quindi, agli occhi che il rallentamento ipotizzato per il secondo semestre dell’anno in corso è tale da avere azzerato (da +40,00 a 0,00) il positivo impatto occupazionale immaginato a dicembre 2014.
Focus credito
L’indicatore che maggiormente sintetizza – pur tra le strutturali criticità che permangono e sono statisticamente accertate fino alla fine del 2014 (ma che emergono anche da primi rilevamenti relativi al periodo gennaio-marzo 2015) – l’avvio di un cambio di clima nelle relazioni tra imprese edili e circuito bancario è quello inerente la percezione del rischio usura.
In base alle rilevazioni del Centro Studi Ance Salerno, la quota di imprese intervistate che temevano un incremento di tale rischio a seguito dei problemi di erogazione del credito da parte delle banche è passata dall’85,7% (riferito al I semestre 2013) al 50%di questa ultima rilevazione. Si tratta di un’evoluzione da ritenere estremamente significativa non solo dal punto di vista del grado di sentiment delle imprese della possibilità di essere costrette a ricorrere a finanziamenti al di fuori della legalità, ma anche sotto il profilo di un clima maggiormente collaborativo con le banche.
Sul piano più generale trova conferma questa analisi nel giudizio espresso sulla qualità delle relazioni fra imprese e circuito bancario. Sommando i giudizi “ottimo” (3%), “buono” (32%) e “sufficiente” (36%), si arriva al 71% del campione intervistato.
Per quanto riguarda la richiesta di nuovi finanziamenti, il 46% del panel interpellato li ha richiesti ma non li ha ottenuti, mentre il 25% li ha richiesti ed ottenuti. In questo caso assistiamo ancora ad un prevalenza dei dinieghi rispetto alle concessioni.
Il 28% degli intervistati ha avanzato alla propria banca di riferimento la proposta di una ristrutturazione del debito senza ottenere una risposta positiva. Solo il 17% dei richiedenti ha ottenuto, invece, di procedere alla rimodulazione delle proprie esposizioni finanziarie. Ma lascia riflettere la percentuale di aziende che non hanno ritenuto di avanzare richiesta di ristrutturazione (pari al 30%) o, pur tenendo presente questa opzione, non hanno proceduto in questa direzione (25%).

Indici di previsione
Intero campione


Imprese con fatturato inferiore ai 5 mln







Imprese con fatturato compreso fra i 5 e i 20 mln


Imprese con fatturato superiore ai 20 mln


Credito e imprese





 
Il commento del presidente di ANCE Salerno Antonio Lombardi
«Il segnale che arriva dall’analisi semestrale del Centro Studi ANCE Salerno è forte e chiaro – è il commento del presidente di ANCE Salerno, Antonio Lombardi – Le imprese edili della nostra provincia ci credono ancora, non hanno tirato i remi in barca e continuano a lottare. Non a caso sono quelle più piccole che mostrano maggiormente indicatori in campo positivo, perché negli ultimi mesi hanno saputo cogliere le opportunità offerte dai provvedimenti inerenti le ristrutturazioni e l’efficientamento energetico. È in questo segmento che si sono catapultate iniziando anche un ulteriore processo di specializzazione e di riqualificazione del personale. Perché è ormai chiaro a tutti che in attesa di un piano concreto di investimenti pubblici, la filiera delle costruzioni deve puntare prioritariamente sulla qualità degli interventi sull’esistente e sull’implementazione del ventaglio di offerte che può rendere disponibile per la platea di famiglie che, dopo anni di recessione, ha deciso di utilizzare quote di risparmio finora congelate a causa delle crescenti preoccupazioni derivanti dalla forte crisi economica. In altre parole, mentre le medie e grandi imprese restano in attesa della ripartenza vera e propria – che non può prescindere da interventi pubblici non occasionali, ma inseriti in una cornice strategica – sono le piccole aziende a movimentare il mercato, con capitali propri. Perché sarà anche vero che è migliorato il clima relazionale con il circuito del credito (divenuto più friendly anche in base all’esigenza di alimentare la domanda e sfruttare i riflessi del QE di Mario Draghi), ma a fine 2014 è stato certificato un altro anno di credit crunch con particolare severità nei confronti dell’edilizia».
«Ci troviamo, quindi, di fronte più alle estreme conseguenze del ciclo recessivo – dice ancora il presidente Lombardi – con la positiva reazione delle imprese dettata dallo spirito di sopravvivenza, che all’inizio di una vera e propria ripartenza. A supporto di questa tesi è possibile rintracciare molte altre evidenze. Solo per fare un esempio significativo: i dati riferiti al settore residenziale in Campania contenuti nel rapporto Omi dell’Agenzia delle Entrate lasciano emergere il grave problema del deprezzamento del valore del patrimonio immobiliare. Non solo le famiglie proprietarie di un appartamento si ritrovano colpite nell’entità principale della propria ricchezza, ma le stesse imprese subiscono un ulteriore e grave colpo rispetto ai loro assetti patrimoniali. Il calo delle quotazioni appare contenuto su base regionale, ma nei comuni capoluogo e nelle province di Salerno e di Caserta assume dimensioni rilevanti. La ripresa del mercato immobiliare, che pure sembra iniziare a consolidarsi, è dovuta prioritariamente alle maggiori opportunità di investimento a prezzi più contenuti che si aprono per le famiglie che sono state capaci di non erodere quote significative del loro risparmio negli anni della crisi».
«Anche questo specifico spaccato del contesto generale dimostra, quindi, che è improcrastinabile, a questo punto, un disegno di ampio respiro finalizzato a ridare una vera spinta propulsiva a tutto il comparto delle costruzioni. Investimenti pubblici e velocizzazione delle procedure per l’apertura dei cantieri dopo il già rallentato percorso delle gare d’appalto, ma anche maggiore attenzione alla realizzazione di sinergie pubblico/privato in grado di attivare e di attrarre capitali endogeni ed esogeni. Senza tralasciare un’indispensabile e netta inversione di tendenza sul terreno della fiscalità locale (e nazionale) incombente sul patrimonio abitativo. La capacità di resistenza delle imprese è giunta al limite estremo. È il momento di fare percepire da parte degli Enti Locali, della Regione e dello stesso Governo centrale – conclude il presidente Lombardi – la convinzione che l’edilizia resta il fulcro di ogni politica realistica che si ponga l’obiettivo di fare ripartire il Mezzogiorno e la Campania (oltre che, ovviamente, l’intero Paese). Non è una questione di percentuali di Pil, ma di responsabilità istituzionale e politica. Margini di tempo non ne restano più. È l’ora dei fatti.  Basta con gli slogan e con le campagne elettorali permanenti».